Il bambino ottimista non è quello che vive in un mondo fantastico e magico senza legame con la realtà e totalmente inconsapevole delle difficoltà e dei problemi. Il bambino ottimista, al contrario, manifesta un atteggiamento saggio e razionale nei confronti della vita, è curioso, sa vedere le difficoltà come ad un incidente di percorso temporaneo e non come qualcosa che pervade tutti gli altri aspetti della vita.
Non si nasce empatici e non tutte le persone sono tali: l’essere più o meno empatici dipende in parte da una predisposizione personale, in parte da fattori ambientali ed educativi. La buona notizia è che tutti possiamo diventare empatici, basta impegnarsi un po’!
Come ogni anno, l’estate sta per terminare e tra poco ricomincerà l’anno scolastico con tutto il suo carico di impegni, studio, compiti, verifiche ed interrogazioni. Ma anche il suo carico di amicizie, relazioni con i coetanei e con gli insegnanti, esperienze, uscite didattiche, gite. I bambini e i ragazzi con cui lavoro mi dicono di non avere moltissima voglia di ricominciare ma, allo stesso tempo, non vedono l’ora di ripartire per rivedere i propri compagni di classe. Oppure chi si appresta ad entrare in una nuova scuola, ad esempio passando dalla primaria alle medie, è in genere curioso. Come sarà la nuova scuola? Come saranno i professori e gli insegnanti? Sarà difficile studiare? Sicuramente iniziare un nuovo anno scolastico dopo la lunga pausa estiva può essere faticoso. Ecco quindi alcuni semplici consigli per iniziare nel migliore dei modi!
Il compito dei genitori è molto chiaro: educare i bambini e accompagnarli nel diventare persone progressivamente autonome e indipendenti, in grado di affrontare la vita con tutti i suoi ostacoli e difficoltà. Al contrario spianare la strada, anticipare i bisogni, proteggere il figlio da qualsiasi frustrazione e difficoltà, risolvere i problemi al loro posto significa essere un genitore iperprotettivo. Nella mia esperienza mi accorgo che sono molte le forme di iperprotettivismo, ma non sempre gli adulti se ne rendono conto e spesso credono di agire in buona fede.
Nella pratica educativa di ogni giorno ho a che fare con famiglie diverse ma tutte accomunate da una stessa problematica scolastica: quella relativa alla quantità dei compiti, che da molti genitori viene giudicata eccessiva in quanto occupa “quel poco tempo di libertà” che i bambini hanno tra il rientro pomeridiano a scuola, lo sport e gli altri impegni.
Giocare, attività di primaria importanza per lo sviluppo dei bambini, deve essere nella maggior parte dei casi libero.
Che cosa significa? Vuol dire intervenire il meno possibile quando i bambini giocano, evitare di dirigere l’attività secondo la nostra prospettiva di adulti, lasciare ai piccoli la libertà di pensare, inventare, creare, gestire in autonomia il proprio momento ludico.
L’ambiente, la natura e l’aria aperta sono grandi maestri per i bambini. Purtroppo però, nella nostra società di oggi, molti di loro trascorrono la maggior parte del tempo in spazi chiusi, principalmente la scuola e la casa.
Le ricerche nel campo delle neuroscienze hanno confermato una stretta connessione neurale nel nostro cervello tra sistemi emotivi e sistemi cognitivi. Nelle pratiche educative e scolastiche bisogna dare quindi un posto di rilievo alle emozioni.